Con le bici sotto le chiappe e la strada che avanza, ritornano a ripetizione gli « akkudà? » - ossia i "da dove venite?"- e gli « halio » - il modo in cui gli Uzbeki pronunciano "hello". Sarà che ho lo strano presentimento che stia per succedere qualcosa, ma oggi la voglia di comunicare è pari a zero. Voglio restare nel mio mondo. Abbozzo un sorriso forzato e tiro avanti, a testa bassa per schivare gli sguardi altrui. Fruu, fruu, fruu - fa la ruota quando pedalo. È un insolito rumore, meglio fermarsi. Stacco una sacca e ... sorpresa! La bella notizia è che ho individuato il problema, la brutta è che non posso più pedalare: il telaio si è spaccato nella parte in cui si avvita il portapacchi posteriore. Ma come sempre succede, individuare il problema è la soluzione. Il tempo di alzare un dito e un camionista si ferma. Sta andando a Guzor, il paesino più vicino, a 20km. Gli spieghiamo la situazione et voilà: ha un amico carrozziere da cui ci porterà. Due/tre punti di saldatura e il telaio è più forte di prima. Problema-->Soluzione...Fantastico!
Il giovane camionista ci vuole assolutamente a casa per cena e, considerato l'orario, ci offre ospitalità anche per la notte. Cosa vuoi di più! Sulla tovaglia adagiata a terra (non si usano molto i tavoli in Uzbekistan) abbondano frutta fresca e zuccherina. È il periodo migliore per la frutta, è davvero deliziosa. Un abbondante plof ed un secondo a base di patate e carne. La tradizione per gli uzbeki è servire almeno due portate quando si ricevono ospiti e per gli ospiti la regola è "mai rifiutare". Non lo facciamo, ma è tutto così abbondante che quasi ci usciva cibo dalle orecchie. Tappetino a terra e ronfiamo come dei bebè.
Et voilà, eccoci scaricati a Denov, una cittadina che sembra essere la più caotica dell'intero Paese. Gente e auto brulicano ovunque, come in un super caotico mercato. Via via, usciamo al più presto! Non siamo più abituati a così tanto frastuono.
Ad un posto di controllo avvistiamo due ciclo-turisti. Lungo la strada qualcuno ci aveva già segnalato la loro presenza. Sono due ragazzi tedeschi, hanno entrambi 28 anni, entrambi la stessa bici ed uno pneumatico di riserva attaccato sul retro, entrambi sono biondi ed entrambi hanno questo bel sorriso stampato sulla faccia. È così che incontriamo per la prima volta Leonie UND Philipp.
Pedaliamo nella stessa direzione e quindi via verso Dushanbe insieme. Solo altri 90km!
Tocca prima a Tiphaine. La signora della dogana esamina ogni suo singolo oggetto, ogni sua singola borsa. Poi inizia svogliatamente a sparpagliare ovunque sul bancone tutte le medicine che avevamo accuratamente ordinato per categoria per poterle individuare velocemente in caso di necessità e mi sale il sangue alla testa. Non mi importa un fico secco se è un'autorità, intervengo sollecitandola a fare bene il suo lavoro! Che controlli, ma non occorre fare così tanto disordine. Annuisce e sbriga velocemente Tiphaine. Poi arriva l'ora di farsi un po' gli affari dei turisti e a tutti e quattro noi passano in rassegna, una ad una, le foto sulle nostre macchine fotografiche, sui cellulari e persino sui computer. Sostituisco la SD-Card e lascio loro si e no una decina di foto da controllare quando arriva il mio turno.
E così, siamo fuori dall'Uzbekistan. Un cartello dislivello al 7% preannuncia l'anima montagnosa del Paese in cui siamo appena entrati. Benvenuti in Tagikistan e nel suo territorio al 93% fatto di montagne. Addio immense e piatte distese. Ad attenderci c'è il Pamir, detto anche il tetto del mondo.
Marco