Per chi non riesce a visualizzare: https://youtu.be/tBlmZoCFRw8
Visto il periodo di grandi abbuffate auguriamo a tutti buone feste salutandovi con questo video realizzato dalla nostra amica turca Hazal. Per chi non riesce a visualizzare: https://youtu.be/tBlmZoCFRw8 Il 30 ottobre, ricevo una telefonata, corro in strada, Serik, l’agente che ha dei contatti al consolato cinese d’Almaty, mi consegna il passaporto al quale si è aggiunto un quarto visto: 30 giorni di permesso per la Cina! Circa 4.700 chilometri da percorrere per la traversata, ossia una media di 157km al giorno…davanti a me diverse opzioni: a) fare del camion stop con la bici, b) rinnovare il visto in cammino e pedalarsela tutta, c) prendere un autobus o treno… Comincia a fare seriamente freddo nei dintorni e poi ho l’appuntamento con Sophie, la mia amica francese, che mi raggiungerà a Chengdu l’8 novembre. Mi imbarco per 30 ore di pullman che mi eviteranno le steppe kazake e cinesi tra Almaty e Urumqi. L’autobus è dotato di letti a castello, ad ogni curva temo che si stacchino dalle pareti, scricchiolano ad ogni sobbalzo. È comodo anche se non posso allungare completamente le mie gambe, non è fatto per la taglia dei turisti europei! Tutti sono curiosi di sapere che ci fa una ragazza tutta sola qua. Una kazaka tredicenne è fiera di poter tradurre, parla molto bene inglese. Mi interrogo sul motivo della suo viaggio in Cina e mi spiega tutto senza badare troppo a ciò che può o non può dire, in ogni caso nessuno ci capisce. Suo padre lavora laggiù e non può uscire dalla Cina perché non ha un passaporto e quindi tocca a lei rendergli visita. In realtà gli uiguri (cinesi della regione di Urumqi) hanno più punti in comune con i kazaki che con i cinesi delle altre regioni e molti di loro hanno preso la cittadinanza kazaka (Il Kazakistan non riconosce la doppia nazionalità). La situazione è rimasta bloccata per molto tempo perché il governo cinese non permetteva loro di avere un passaporto e quindi uscire dal Paese era vietato! Per fortuna da qualche settimana pare che la situazione sia cambiata. Immaginate che per tutta la vostra vita non possiate uscire dalla Francia (o Italia)…purtroppo questa è la situazione di molte persone nel mondo; speriamo che un giorno ogni individuo sia libero di circolare ovunque egli voglia. Ecco la frontiera cinese tanto temuta da molti ciclisti. Saranno invece gli impiegati kazaki i più avidi, uno di loro mi isola dal gruppo dell’autobus e mi chiede 10 dollari senza alcun motivo…faccio finta di non capire e raggiungo gli altri senza voltarmi. Nihao, buongiorno Cina! L’alfabeto cirillico mi ha dato filo da torcere, ma se dopo cinque mesi di Asia Centrale arrivavo a indovinare qualche parola e a volte leggere perfino qualcosa, ora mi aspetta il massimo dell’incomprensione con la Cina e il suo cinese!!! Urumqi, eccomi piombata nel bel mezzo di una città cinese di 2,3 milioni di abitanti, senza gps e senza neppure un vocabolario cinese...mi sento completamente impotente, perduta, ma che ci faccio qui? Perché ho continuato a viaggiare da sola? Non fare la scema adesso…In questo momento, lo confesso, sogno di avere uno smartphone che mi dica dove andare. Devo mantenere la calma, mi intrufolo nel primo ristorante che vedo, il tempo di riprendermi e recuperare le forze prima di rituffarmi in questa giungla metropolitana. Ordino un piatto a caso tra i caratteri cinesi..poco importa! È dura!!! Ho la bocca in fiamme!! Prima missione, trovare una stazione, seconda missione (che si rivelerà un’ardua sfida) comprare una biglietto di treno con destinazione Chengdu per me e la bici. Non restano che dei “Standing Ticket” (ossia biglietti in piedi) per tutte le partenze della settimana. Uno “Standing Ticket” per 48 ore di treno cinese vuol dire:
Il biglietto in piedi è una "fetenzia"!
Tiphaine La decisione è presa, Marco rientra in Italia per curarsi la spalla, è passato un mese da quando è caduto e non ci sono miglioramenti…Un mese di riposo non basta a quanto pare, i medici parlano ora di almeno altri due senza toccare la bici! Non è il massimo, più della metà del cammino è stato percorso ed ecco che deve ripartire dalla casella di partenza. Qui il gioco dei visti non ci permette di rimanere tranquilli fermi nello stesso posto. Ed io che faccio in tutto questo? Marco avrà il sostegno della sua famiglia durante il periodo di riabilitazione e mi ha detto che se la situazione fosse stata al contrario lui avrebbe continuato, eccomi dunque libera di scegliere…dilemma…questo è il nostro viaggio: è un anno e mezzo che siamo sempre insieme 24h/24, 7gg/7… si a volte può capitare che ognuno abbia voglia di viaggiare da solo, ma d’un tratto è come se il viaggio perdesse tutto il suo senso senza di lui. Sono pronta ad incamminarmi da sola? Fisicamente (visto che dovrei portare tutto il materiale da sola) ? Mentalmente (parlare a me stessa, auto motivarmi, campeggiare da sola) ? Ma ecco che una nuova notizia fa pendere la bilancia da un lato: Sophie, la mia amica francese, è pronta a raggiungermi in Cina…che l’avventura abbia inizio! Il nuovo “tandem” si fonderà a Chengdu! Per non nascondere proprio nulla, devo ammettere che qualche giorno prima della mia partenza in solitaria da Bishkek, ero abbastanza preoccupata di campeggiare da sola, inoltre inizia a fare seriamente freddo qui, la neve sulle montagne che mi circondano è sempre più bassa. Il 20 ottobre, dopo aver salutato AT house e salutato Angie che mi incoraggia, mi chiedo seriamente se fossi mai in grado di raggiungere la frontiera (22km a nord c’è il Kazakistan), la mia bici è pesantissima, a fatica mantengo l’equilibrio, è un vero e proprio carro armato! Tra l’altro è un mese che non pedalo. La strada scende dolcemente fino al post confine, i doganieri sono simpatici con me, ma non capiscono assolutamente come io possa viaggiare tutta sola. Sono contenta di ritornare al Kazakistan che abbiamo conosciuto da Aktau a Beyneu, posso comunicare un po’ con la gente locale, la loro lingua e la loro cultura non mi è completamente sconosciuta. Sulla strada che collega Bishkek ad Almaty c’è un colle da passare, sono a mezz’altezza, le mie ginocchia iniziano a gridare soccorso…è il primo giorno di ripresa, dovrei prendermela con più comodo, sono troppo carica: “non ce la farò mai a passare il colle” mi dico. Nel momento in cui sto per disperarmi un camion si ferma al mio fianco, i miei pensieri saranno arrivati agli autisti? Mi propongono di lasciarmi in cima al colle! Uno dei due mi ispira fiducia, non esito un solo secondo. Vanno fino ad Almaty, ma chiedo loro di lasciarmi sul passo, devo assolutamente riprendere il ritmo prima che arrivi Sophie, altrimenti dovrò dare tutti i miei bagagli alla sportiva di alto livello per evitare che mi lasci indietro per chilometri e chilometri. La notte si avvicina e il freddo con essa, è giunto il momento di prendere una decisione, dove dormire? Attorno a me la steppa…pochi alberi per nascondermi…una casa, ci sono dei cani, non oso avvicinarmi…un ristorante, chiedo ad una donna se posso mettere la tenda sul retro per non essere vista dalla strada. Il proprietario arriva, è turco, fedele alla sua cultura, qualche minuto ed eccomi con una tazza di tè in mano, un piatto pieno davanti e un posto nel dormitorio dei suoi impiegati per passare la notte al caldo e in sicurezza! Grazie Nafiz! Uno dei vantaggi di viaggiare da soli è senza dubbio quello poter partire all’ora che voglio, fermarmi quando voglio e mangiare quando voglio, ascoltarmi e seguire il mio ritmo. Ore otto del mattino, il sole sorge dietro le montagne Tian Shan, sono già in sella. Adoro le prime ore di luce, vedere il mondo svegliarsi, il paesaggio coperto ancora dalla nebbia, la calma…che felicità. Sono in forma oggi. Non dimentico di fare qualche foto (raccomandazioni di Marco). È strano non doversi consultare con qualcuno, di prendere le decisioni da soli; si, anche questo fa bene. È la seconda sera, non dovrei essere più tanto lontana da Almaty, la popolazione diventa più densa. Non ho un gps, né uno smartphone, e neppure un conta chilometri, mister gadget è rientrato con tutti i suoi giocattoli, mi resta una carta (scala 1:1.750.000) e qualche foto dello schermo del computer che mostra la cartina di google maps più o meno zoommata (mi arrangio con ciò che ho) e la mia lingua per comunicare. Salita in vista, Almaty sarà per domani, svolto verso un villaggetto che mi inspira fiducia con la sua bella moschea: Enbekshy. L’idea: dormire nel giardino della moschea, nessuno mi verrà a scocciare! Il Mullah comprende subito la mia richiesta, è sorpreso di vedere una donna in bici e per di più sola, ma senza esitare mi apre il cancello con un gran sorriso. Si assenta un attimo e ritorna con…un velo! È ben volentieri che accetto le regole del posto che mi accoglie, rispetto le loro tradizioni. Non ho neanche il tempo di montare la tenda che il Mullah mi propone di dormire in una piccola sala adiacente alla moschea, è arredata con tanto di televisione e cucinotto! Mi consegna le chiavi e mi augura la buonanotte! Guardo una serie di bollywood molto popolare in Asia centrale (è in russo, ma non c’è bisogno delle parole per capire che…loro sono in crisi..che lei vuole sposarsi con…). Capisco bene anche il bollettino meteo: domani in giornata pioverà e per la sera è prevista neve! H4:30 mi sveglio, ben venga, tanto pensavo di partire presto per evitarmi la pioggia…mentre l’appello alla preghiera del mattino si fa sentire, scivolo fuori e comincio a pedalare che il giorno non si è ancora alzato. Arrivo fradicia e congelata ad Almaty, Alma-Ata (letteralmente il padre della mela! Si dice che le mele abbiano origine in questa regione che gode di tante varietà). Ho una settimana di tempo per riprendermi, aspetto il mio prossimo visto, Paese: Repubblica Popolare della Cina. Tiphaine “Che dio benedica gli Stati Uniti d’America perché hanno inventato la Coca-Cola!!” esclama il ragazzo ucraino che abita in Cina, che ha vissuto la sua adolescenza negli Usa e che ora, libertino, vacanzeggia senza moglie e figli in Kirghizistan, mentre sorseggia in gran quantità la celebre bevanda frizzantina che lo terrà sveglio per le 11 ore di viaggio che ci aspettano da Osh a Bishkek, la capitale. “Ne ho comprati quattro litri e mezzo, così non dovrò fermarmi neanche per mangiare!” prosegue. E ti credo bene!!! Penso tra me e me mentre osservo i suoi tic nervosi che si accentuano man mano che ingurgita caffeina e la sua pancia che vibra senza sosta come una grossa gelatina. A parte stili di vita e ideologie diverse, l’ucraino si rivela una piacevole compagnia per l’interminabile tragitto da percorrere. A Bishkek, AT House, è un vero e proprio covo di cicloturisti di tutte le razze e specie. Sono una coppia bulgaro-canadese che ospita, in inverno tramite warmshower, e in estate, a pagamento, mettendo a disposizione il giardino per campeggiare, una bella doccia calda, una cucina, mappe, libri, internet e un angolo per risistemare le bici messe a dura prova dai pesanti sterrati tagiki e kirghizi. A Bishkek si prevede una lunga permanenza, io dovrò aspettare di rimettermi completamente in sesto prima di avvicinarmi di nuovo alle due ruote e poi c’è da fare il visto cinese, uno dei più difficili da ottenere in viaggio. Ispirati da Beccy e Rob, la coppia inglese conosciuta a Baku e ritrovati quaggiù, proponiamo ad At House di dare una mano, nel mio caso nel vero senso della parola, in cambio di ospitalità gratuita. Affare fatto! Intanto il mese di riposo indicato dai medici è passato, posso ora iniziare con la fisioterapia. Faccio degli ulteriori controlli e visito un ortopedico. Mi tasta, mi muove e poi dice: stai bene, puoi levare il fascicollo e iniziare con gli esercizi. Tutto contento torno a “casa” per dare la lieta notizia. Nel giro di 24h però la situazione cambia ed è l’inizio di un lungo periodo di dolori fortissimi e inarrestabili. Uno specialista che parla molto bene inglese mi prospetta addirittura un’operazione e in ogni caso, con o senza intervento, non guarirei prima di un paio di mesi. Le carte in tavola sono cambiate, a saperlo prima avrei valutato diversamente le mie scelte, ma non si può tornare indietro e fa capolino l’idea di rientrare in Italia a curarmi. “Marco se tu rientri io che cosa faccio?” mi chiede Tiphaine e me lo chiedo anch’io mentre le nostre menti, spiazzate, provano ad abituarsi a questa nuova ipotesi. A casa c’è già la mia famiglia che mi accudirà e Tiph non è una persona che riesce a stare ferma per molto tempo. “Tiph, se fosse stato il contrario, io avrei continuato da solo” le dico. Ci riflettiamo per un po’, mettiamo ansie e paure da parte e alla fine perché no? E poi in viaggio non si sta mai veramente soli. “Ti raggiungerò non appena mi rimetto in sesto” le dico. Un paio di mesetti e tornerò più forte di prima. Inizia una nuova avventura per me che rientro, ma soprattutto per lei che continuerà in solitaria Rientro di lusso, l’assicurazione prevede un biglietto in business. Le poltrone sono larghe e comode, le hostess ti sorridono sempre, ti chiedono se possono avere il piacere di piegarti la giacca e ti servono un aperitivo di benvenuto a bordo. Per i pasti si può addirittura scegliere cosa mangiare, con tanto di opzioni per vegani e non. E per le bevande non c’è limite, ne puoi ordinare a volontà, meglio arrivare assetati! Si decolla e in breve ritroviamo il sole perduto, era nascosto dalla fitta rete di nuvole che rendeva grigia e uggiosa la giornata sulla capitale kirghiza. Un folto tappeto bianco ovattato è sotto di noi e raggi di luce si manifestano in tutto il loro potere, sembra andare in paradiso. Dalla visuale del mio finestrino scorgo le cime del Pamir, le sterminate steppe kazake, vedo perfino l’ormai prosciugato mare d’Aral e le stradine percorse nel deserto prima del mar Caspio, e poi la Georgia, la Turchia... Come il riavvolgimento di una videocassetta fatta andare alla massima velocità scorrono sotto di me ricordi, paesi, nazioni, continenti…non mi sembra vero! Come un’ora di auto corrisponde a un giorno di bici, così 60 minuti di aereo corrispondono ad un mese di pedalate. Nove mesi di cammino (da quando abbiamo lasciato l’Italia) in nove ore di volo. Dalle altissime vette tagike al Vesuvio in una sola giornata. Spazio-tempo si annullano e mi ritrovo proiettato come in Star Trek in una nuova dimensione. La gente mi capisce quando parlo, ora devo stare attento a non far uscire dalla bocca tutto quello che mi passa per la testa, le strade sono lisce, asfaltate. Interminabili scie rosse da un lato e gialle dall’altro sono formate da mille scatolette a quattro ruote che si sostituiscono a pecore, asini, cavalli e mucche. Ognuno con il proprio veicolo, ognuno con i propri pensieri, ognuno che pensa a sé, ognuno avulso da tutto il resto. Dove sono finiti gli alberi? Dove sono i fiumi, i laghi, le montagne, la sabbia, i paesaggi sconfinati? Intorno a me è tutto artificiale, l’aria ha un sapore strano e la mia attenzione è distratta da mille luci, immagini e suoni. Mi sento spaesato, confuso! No, non mi sto sbagliando, mi trovo nel posto giusto, quella è la mia famiglia. Mi sembra di essere atterrato su un altro pianeta, eppure sono a casa!
Marco |
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