I colori ed i contrasti dell'Uzbekistan tra l'arido deserto e l'impetuoso fiume Amu-Daria, tra il fascino delle città lungo l'immensa via della seta. Il nostro nuovo short-video sul passaggio per l'Uzbekistan è pronto. Per vederlo clicca qui! :-)
Dopo due settimane trascorse con i genitori di Tiph in Uzbekistan, si riparte che sembra di nuovo il primo giorno. Il corpo è pigro così come la mente. Si sono abituati ad un tetto sulla testa ogni sera, ad un comodo materasso, a pranzi e a cene al ristorante, ad energia elettrica, acqua e doccia accessibili in qualsiasi momento. Come sempre è dura riprendere dopo le vacanze ... ahhh! Con le bici sotto le chiappe e la strada che avanza, ritornano a ripetizione gli « akkudà? » - ossia i "da dove venite?"- e gli « halio » - il modo in cui gli Uzbeki pronunciano "hello". Sarà che ho lo strano presentimento che stia per succedere qualcosa, ma oggi la voglia di comunicare è pari a zero. Voglio restare nel mio mondo. Abbozzo un sorriso forzato e tiro avanti, a testa bassa per schivare gli sguardi altrui. Fruu, fruu, fruu - fa la ruota quando pedalo. È un insolito rumore, meglio fermarsi. Stacco una sacca e ... sorpresa! La bella notizia è che ho individuato il problema, la brutta è che non posso più pedalare: il telaio si è spaccato nella parte in cui si avvita il portapacchi posteriore. Ma come sempre succede, individuare il problema è la soluzione. Il tempo di alzare un dito e un camionista si ferma. Sta andando a Guzor, il paesino più vicino, a 20km. Gli spieghiamo la situazione et voilà: ha un amico carrozziere da cui ci porterà. Due/tre punti di saldatura e il telaio è più forte di prima. Problema-->Soluzione...Fantastico! Il giovane camionista ci vuole assolutamente a casa per cena e, considerato l'orario, ci offre ospitalità anche per la notte. Cosa vuoi di più! Sulla tovaglia adagiata a terra (non si usano molto i tavoli in Uzbekistan) abbondano frutta fresca e zuccherina. È il periodo migliore per la frutta, è davvero deliziosa. Un abbondante plof ed un secondo a base di patate e carne. La tradizione per gli uzbeki è servire almeno due portate quando si ricevono ospiti e per gli ospiti la regola è "mai rifiutare". Non lo facciamo, ma è tutto così abbondante che quasi ci usciva cibo dalle orecchie. Tappetino a terra e ronfiamo come dei bebè. Dobbiamo raggiungere i genitori di Tiph per l'ultima settimana di vacanza insieme, a Dushanbe, in Tagikistan. Loro avanzano in treno e poi in auto; noi, per ricoprire in breve tempo la stessa distanza, a volte pedaliamo, a volte carichiamo le bici su dei camion. Questo qui porta tonnellate intere di farina bianca dalla vicina Russia, quasi si ferma sulle salite tanto che è pesante. Sdraiati, dall'abitacolo di questo camion, osserviamo montagne senza alberi ed un paesaggio che a volte sembra lunare!
Et voilà, eccoci scaricati a Denov, una cittadina che sembra essere la più caotica dell'intero Paese. Gente e auto brulicano ovunque, come in un super caotico mercato. Via via, usciamo al più presto! Non siamo più abituati a così tanto frastuono. Ad un posto di controllo avvistiamo due ciclo-turisti. Lungo la strada qualcuno ci aveva già segnalato la loro presenza. Sono due ragazzi tedeschi, hanno entrambi 28 anni, entrambi la stessa bici ed uno pneumatico di riserva attaccato sul retro, entrambi sono biondi ed entrambi hanno questo bel sorriso stampato sulla faccia. È così che incontriamo per la prima volta Leonie UND Philipp. Pedaliamo nella stessa direzione e quindi via verso Dushanbe insieme. Solo altri 90km! Tocca prima a Tiphaine. La signora della dogana esamina ogni suo singolo oggetto, ogni sua singola borsa. Poi inizia svogliatamente a sparpagliare ovunque sul bancone tutte le medicine che avevamo accuratamente ordinato per categoria per poterle individuare velocemente in caso di necessità e mi sale il sangue alla testa. Non mi importa un fico secco se è un'autorità, intervengo sollecitandola a fare bene il suo lavoro! Che controlli, ma non occorre fare così tanto disordine. Annuisce e sbriga velocemente Tiphaine. Poi arriva l'ora di farsi un po' gli affari dei turisti e a tutti e quattro noi passano in rassegna, una ad una, le foto sulle nostre macchine fotografiche, sui cellulari e persino sui computer. Sostituisco la SD-Card e lascio loro si e no una decina di foto da controllare quando arriva il mio turno. E così, siamo fuori dall'Uzbekistan. Un cartello dislivello al 7% preannuncia l'anima montagnosa del Paese in cui siamo appena entrati. Benvenuti in Tagikistan e nel suo territorio al 93% fatto di montagne. Addio immense e piatte distese. Ad attenderci c'è il Pamir, detto anche il tetto del mondo. Marco La notte del 15 Agosto 2015 il mio cuore batte forte. Sento delle voci familiari che vengono dalla strada ed il rumore di una valigia che avanza. Sono contentissima, sono arrivati! Mesi fa ci eravamo detti: "a presto per un tè a Samarcanda!". Ma all'epoca non avevamo ancora il visto uzbeko ed un mare e più di 1500km ci separavano dal luogo dell'incontro. Un ultimo ostacolo proprio ieri: l'hotel non voleva accettarci a causa delle nostre carte non in regola. In questo Paese i turisti devono registrarsi ogni 3 gg in un albergo, cosa difficilmente immaginabile per chi viaggia in bicicletta. Arrivano i militari, per fortuna non dobbiamo andare noi all'ufficio preposto. Il nostro viaggiare in bicicletta diventa fortunatamente un lasciapassare, il tempo di spiegare la situazione e tutto rientra nella norma. Apro la porta, guardo a destra, niente. A sinistra, eccoli là! Un'onda di euforia mi attraversa, abbraccio finalmente i miei genitori. Cominciano le tre settimane di vacanza: Samarcanda e il suo Registan, Nukus e il suo museo d'arte della collezione di Savitsky, Khiva e il suo minareto incompleto, Bukhara e le sue madrase... I miei genitori sono dei viaggiatori e conto sulle loro capacità di adattamento. Abbiamo riservato loro qualche piccola sorpresa fuori dai sentieri battuti. Li porteremo a Qipchoq sulle rive dell'Amudaria. Siamo passati di qui solo 15 giorni fa. Eravamo appena usciti dal deserto quando innanzi a noi appare questo grande fiume nel quale degli uomini facevano il bagno al tramonto. Il tempo di appoggiare le bici e anche noi ci immergiamo per ripulirci dallo spesso strato di sudore e polvere di cui ci aveva ricoperto il deserto. Per rispettare le tradizioni locali, entro in acqua vestita (così faccio due cose in uno: lavo me stessa e i miei vestiti), ma quando esco tutti iniziano a ridere. La mia camicia, cotta dal sole del deserto, si è lacerata da sopra a sotto con il peso dell'acqua. Dopo il bagno, un gruppo di amici ci invita a mangiare del pesce. In loro compagnia attraversiamo il fiume su di un ponte galleggiante di lamiere saldate e arriviamo in questo luogo magico fatto di piccole imbarcazioni, riparate alla meglio, allestite con tradizionali tavolini bassi, materassini di cotone e cuscini, in cui viene servito pesce fritto a più non posso e del tè all'acqua dell'Amudaria. A banchetto concluso ci preparano delle «zanzariere uzbeke», proprio lì, nello stesso luogo dove avevamo appena cenato. Atmosfera incantevole, notte da sogno sul fiume. Quando ci ritorniamo con mamma e papà, i proprietari del ristorante ci offrono persino un giro in barca. Quasi non finivamo tutti in acqua se non fosse stato per il capitano che, senza perdere la calma, al « glugluglu » dell'acqua che entrava nello scafo, ci ha riportato sulla terra ferma con una manovra degna di un film di James Bond. Per percorrere le lunghe distanze uzbeke i binari sui quali fila il treno di notte, sono sicuramente più comodi delle strade dissestate. Si può anche prendere un aereo per spostarsi da una città all'altra - ed è quello che in genere fanno i turisti - ma abbiamo ritenuto fosse meno divertente di un viaggio in treno. Ci hanno venduto biglietti per la prima classe, poiché, lo abbiamo capito grazie al mini vocabolario di russo regalatoci da mio nonno - erano gli unici posti rimasti liberi. I miei genitori si sentono piuttosto contenti per la prima classe. Pensano alle loro vecchie ossa e che potranno godere di sedili più confortevoli. Ma quando entriamo nello scompartimento papà e Marco hanno l'impressione di essersi fatti fregare. Nulla faceva pensare a grandi comodità. Alcuni studenti che parlano inglese ci aiutano a chiarire la situazione. Si tratta effettivamente della prima classe ed il treno risale al periodo dell'Unione Sovietica. Nonostante tutto apprezziamo l'estrema pulizia degli scompartimenti, la solidità dei materiali e la mitica ed immancabile teiera all'inizio di ogni vagone. Al ristorante ci servono un vero e proprio pasto, l'opposto delle minute porzioni dai prezzi esorbitanti di Trenitalia. Cado in un sonno profondo cullata dai movimenti del treno che scivola nella notte su di un'immensa distesa di deserto. A Samarcanda assistiamo per caso alle prove di un concerto all'interno di una moschea. Gli uomini suonano strumenti tradizionali uzbeki e cantano alternandosi con le donne. Hanno delle voci possenti e ci fanno tremare. A Khiva, dormiamo al B&B Muros che ha una storia particolare alle spalle (da leggere A Carpet Ride to Khiva: Seven Years on the Silk Road di C. A. Alexander), ma soprattutto una terrazza sul tetto che gode di una vista impareggiabile sulla vecchia città. Ne approfittiamo e organizziamo memorabili aperitivi al tramonto che colora di rosa le case in terra e l'alto minareto dalle pietre verdi e turchesi. A Bukhara, mamma e papà testano per la prima volta il CouchSurfing per una sola notte. La loro esperienza in ambito medico è ben apprezzata da chi li ospita perché sono in pena per la loro madre. Nella fiabesca atmosfera dell'hotel Amulet, realizzato all'interno di una vecchia madrasa, mamma e papà ci impartiscono lezioni di meditazione e Yoga per ammorbidire i nostri rigidi corpi da ciclisti. Dopo tutti questi apprezzatissimi giorni di comfort è arrivata l'ora di rispolverare le nostre bici e riprendere il cammino. L'estate sta per finire e dobbiamo metterci sulla strada per il Tajikistan. Vogliamo attraversare le montagne, che sono a più di 4000mt d'altitudine, prima che arrivino le nevi dell'inverno. Pedaliamo e alziamo il pollice per ritrovarci nuovamente insieme ai miei genitori a Dushanbè, in Tagikistan, per un'ultima settimana di vacanza ancora in famiglia.
Tiphaine Alle quattro del mattino entriamo in Uzbekistan. Alla frontiera nessuno dorme, quelli che cambiano i soldi ci saltano addosso pronti per concludere un buon affare con gli sprovveduti turisti di turno. I camionisti kazaki ci hanno informato di un tasso di cambio pari a 4700UZS per 1€, mentre quello ufficiale è a 2800UZS: qualcosa non quadra. La moneta locale si è per caso svalutata in questi ultimi pochi giorni? Ci propongono di cambiare a 2800UZS. Ribattiamo a 5000UZS. L'affare si conclude a 4700. Incredibile! Allora ecco che cacciano fuori dei grossi mazzetti da 1000UZS ciascuno: per 50€ 235 banconote! Non c'entrano nel portafogli, occorrerebbe una borsa in più sulla bici solo per trasportare il bottino! Le mettiamo ovunque troviamo posto. A Nukus qualcuno ci spiega che la moneta non segue le quotazioni della borsa e che il tasso di cambio è mantenuto fisso dal governo uzbeko al fine di evitare svalutazioni con gli altri Paesi. Ma al mercato nero tutti conscono il valore del som uzbeko e i dollari e gli euro si comprano a caro prezzo. Tanto meglio per noi! Dobbiamo solo stare attenti a non farci imbrogliare, contare una ad una le banconote dei mazzetti e allo stesso tempo fare attenzione a che non sbuchi un poliziotto all'improvviso. Avrebbe tutto il diritto di arrestarci. Il deserto uzbeko è noioso. L'asfalto dissestato e il vento contro ci convincono a fare un auto-stop. I camion sono piombati, ma abbiamo un'idea: possiamo appendere le bici a quei ganci tra la cabina e il rimorchio. Così chiedo all' autista russo che si ferma per caricarci su se l'idea è buona o se sussiste il rischio di fare una frittata di bici e lui ci rassicura dicendo: «Nessun problema. Per 300km la strada è piatta e dritta». E allora vai con 5 ore di musica russa! Ci lascia alla periferia di Nukus. Dopo settimane trascorse tra il deserto e la steppa a contare i sorsi d'acqua, appare ai nostri increduli occhi uno spettacolo: alberi, risiere, campi di cotone, canali dappertutto, acqua a non finire, l'imponente Amudaria... Si fa fatica ad immaginare che non una sola goccia arrivi al mare d'Aral, a soli 400 Km più a Nord. I kazaki ci hanno detto: l'Uzbekistan è un Paese povero. Si, forse povero perché non ha molti soldi e la moneta non vale un granché se paragonata a quella di altri Paesi, ma è pieno di ricchezze naturali. Non abbiamo mai visto così tanta verdura, gli alberi si piegano sotto il peso dei loro stessi frutti, i mercati abbondano di cibo, le case sono ricoperte da vitigni che regalano dell'uva dolce e zuccherina. Ogni famiglia possiede almeno una mucca che viene munta ogni mattina ed ogni sera e delle galline per le uova. Di certo non ci si muore di fame in Uzbekistan! Si, non hanno internet a casa e in città si fa fatica a trovare un wi-fi, ma cercare un couchsurfer o un warmshower on line per chiedere ospitalità non è affatto necessario. Per la nostra prima sera in Uzbekistan, una ragazza ci si avvicina e con un inglese perfetto ci domanda: « avete già un posto dove dormire stasera? Accettereste di venire da me? ». Il nostro soggiorno uzbeko comincia bene. Gli uzbeki sono così, non hanno bisogno di reti sociali virtuali per comunicare e invitare stranieri a casa propria; siamo sorpresi della loro senso fiducia riposto anche in chi non conoscono. Si, non hanno abitazioni moderne e nemmeno troppi mobili, ma le loro case sono ottimi esempi di bio-edilizia realizzata in auto-costruzione. Realizzano da soli l'impasto per l'intonaco, i mattoni in terra cruda a mano o impiegando un un semplicissimo macchinario. Non hanno bisogno di aspettare anni o di possedere ingenti somme di denaro per avere un tetto sulla testa. Trascorriamo del tempo ad osservare queste tecniche di costruzione e a porre domande, abbiamo molto da imparare da loro. Nelle grandi stanze vuote delle case gli uzbeki adagiano a terra tappeti colorati e calorosi. Il numero degli invitati non è limitato al numero delle sedie o dei letti. Hanno sempre una bella pila di materassini imbottiti e foderati in cotone, che loro stessi confezionano a mano, pronti a essere srotolati per ogni nuovo arrivato. A volte non usano neanche il tavolino basso per i pranzi. Si stende a terra una tovaglia, dei materassini e dei cuscini tutt'intorno e si è pronti a consumare qualsiasi pasto. A noi servono dei cucchiai, ma tradizionalmente il plov, il piatto nazionale uzbeko, si mangia con le mani e tutti attingono dallo stesso piatto. Quanti problemi ci facciamo noi europei con i nostri piatti, le nostre posate, i nostri bicchieri, i nostri tovaglioli... Si, non tutti hanno un'auto e noi siamo felici di ritrovare compagni di bicicletta per strada. Era da tempo che non ne vedevamo così tanti! Le nostre quattro borse risultano alquanto ridicole di fronte ai loro incredibili carichi di fieno, bombole di gas, sacchi di riso .... E pensare che non hanno neanche le marce! Il non plus ultra sono gli asini uzbeki. Sono di piccola taglia, ma estremamente forti! Anche durante la raccolta del cotone, quando la benzina e il metano scarseggiano, i loro mezzi a quattro zampe o a due ruote non li lasciano mai a piedi. L'unica eccezione è per le donne. Una donna che va in bicicletta è mal vista. Per le ragazze può ancora andare, ma quando diventi adulta...ohlala! Si avverte tutto il peso di questa tradizione uzbeka attraverso i loro sguardi.
Qui si può fare un blablacar senza il blablacar. Non appena ti metti al bordo di una strada, cominciano a fermarsi auto per offrirti un passaggio. Si contratta un prezzo e via! Nelle grandi città, troverai sempre un passaggio in auto, qualunque sia la tua destinazione. C'è un posto in cui chi viaggia su quattro ruote sosta prima di mettersi in viaggio per trovare "passeggeri". Quando l'auto è piena, si parte. Semplice ed efficace. Con un po' di organizzazione, si arriva ovunque qui in Uzbekistan, anche se non non si possiede una propria autovettura e non ci sono i trasporti pubblici. La sintesi di questo mio racconto è che gli Uzbeki ci sanno fare con l'agricoltura, le costruzioni, la meccanica, il tessile (le donne si cuciono da sole i loro vestiti e sono bellissimi)... Gli Uzbeki sono ricchi di idee e ci hanno ispirato. Tiphaine |
AutoriMarco + Tiphaine: cicloviaggiatori alla scoperta del Mondo e di realtà ecosostenibili VideoNEWS-LETTERSEGUICI SUSCRIVICIT-ShirtFOTOCategories
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