Sophie, un'amica francese di Tiphaine, si unisce all'avventura Cyclolenti.
Se non si apre potete vedere il video direttamente qui:
https://www.youtube.com/watch?v=z00MvHHGfxg
Da Urumqi a Kunming, la Cina e la sua diversità. Sophie, un'amica francese di Tiphaine, si unisce all'avventura Cyclolenti. Se non si apre potete vedere il video direttamente qui: https://www.youtube.com/watch?v=z00MvHHGfxg Da Xichang decidiamo di imbarcarci su un treno notturno per Dali. Dopo l’avventura delle 48h di viaggio con “biglietto in piedi” (leggere qui), tentiamo l’opzione “hard bed = letto duro”. Il vagone è fatto da un lungo corridoio da un lato e file di letti a tre piani dall’altro, il bagno in un angolino e il tradizionale samovar per l’acqua calda. Le lenzuola sono piuttosto pulite, c’è addirittura un cuscino, dello spazio per i bagagli e qualcuno viene a svegliarti qualche minuto prima del tuo arrivo a destinazione…niente a che vedere con il tratto che feci Urumqi-Chengdu, qui è un paradiso! A Dali, ci mischiamo alla folla di turisti principalmente cinesi. Una visita al parco delle tre pagode, degustazione di tè alla rosa e dei biscotti ai fiori tipici della regione. Passeggiamo in bici attorno il lago di Erhai. La gente locale sorseggia una bevanda strana, proviamo: sembrano che siano pezzetti di pasta bianca o di tofu in un liquido fruttato. Più tardi, osservando dei pescatori ritirare la rete da pesca, vediamo queste piccole “paste bianche” saltellare a destra e sinistra staccandosi dalle fitte maglie…saranno almeno cotti prima di mangiarli? Sulla costa Est del lago, pedaliamo contro vento, per tutta la strada ci sono pannelli solari e mini eoliche per ogni lampione, il sibilo delle eliche ci accompagna e conferma la forza del vento. Dopo le nostre peripezie negli angoli più remoti del Sichuan, apprezziamo la comodità, la sicurezza e l’ambiente caloroso dell’albergo Dali Mufu & Dali Color of Wind. Il proprietario, Heimat, membro della rete WarmShower ci accoglie gratuitamente per tre giorni. I deliziosi piatti che sforna il suo ristorante sono la ciliegina sulla torta di questa tappa: un misto tra cucina tradizionale e moderna. Incontriamo altri cicloviaggiatori, tutti partiti dall’Europa: Michael svizzero, Anselm e Chris tedeschi, viaggiavano da soli e si sono poi uniti strada facendo. Stanchi dall’attraversamento dell’altopiano tibetano, anche loro sono venuti a riposarsi da Heimat. Ci siamo incrociati con altri ciclisti in posti diversi e ci scambiamo le novità gli uni con gli altri come membri di una grande famiglia. I turisti cinesi hanno soldi da spendere a palate, ovunque i prezzi sono proibitivi; ci raccontano che amano dire: “Si, ho comprato questa cosa molto molto cara durante le mie vacanze a Dali” anche se è possibile trovare lo stesso oggetto dieci volte meno caro al mercato della città affianco...contrattiamo per ogni cosa. Siamo assillate dalle venditrici che si fanno concorrenza tra loro, una addirittura corre dietro Sophie per venderle biscottini per i gabbiani! È un continuo! Ma la scena è comica! Tra tutti i turisti cinesi, siamo le sole a sdraiarsi per la pausa pranzo su una panchina a godersi il sole, tutti si proteggono con ombrellini e foulard, qui la bellezza fa rima con biancore. A Kunming, è Michael della rete Warmshower ad ospitarci, è professore d’inglese all’università. Da lui c’è anche Tural, un cicloviaggiaore di Baku, Azerbaigian, e la sera ci porta in uno dei suoi posti preferiti dove ormai tutti lo conoscono. I bicchierini di grappa al limone sono accompagnati da tofu, patate, formaggio di capra grigliati su un barbecue alla cinese. Si è creata una bella atmosfera in questo localino fronte strada in cui a fine serata il proprietario, i suoi amici e i suoi clienti si ritrovano tutti intorno allo stesso tavolo a ridere e a scherzare nonostante non parliamo la stessa lingua. L’indomani Michael ci inizia alla cerimonia del tè per degustarlo come si deve. Il tè dello Yunnan come alcuni vini, migliora invecchiando. Sophie deve rientrare, ho cercato di convincerla a perdere l'aereo…è stato bello vivere questa avventura con lei: momenti difficili, momenti di allegria, il viaggio in bici ci mette a nudo, ci si scopre da un’altra prospettiva. Se cambi idea, raggiungimi! Il visto cinese scade tra due giorni, è giunta l’ora di uscire dal Paese. Alla scala della cartina della Cina sembra che mi trovi vicinissima alla frontiera, ma in realtà mancano ancora 400km. Opto di nuovo per il treno, ma questa volta la bici deve viaggiare con me. Non posso permettermi di lasciarla al servizio bagagli come di solito si fa in Cina, perché, di solito, arriva uno o due giorni dopo. Non vorrei ritrovarmi a passare la frontiera a piedi. Voglio smontare la bici alla stazione, la vite della ruota posteriore è bloccata…pazienza, avvolgo la bici in un telone così come sta, il bagaglio è enorme e passa appena attraverso la macchina ai raggi X (l’ingresso in una stazione cinese è come quello di un imbarco in aeroporto). Non passo inosservata, un paio di minuti e il capostazione corre verso di me, chiama degli studenti che parlano inglese, ci scompisciamo dalle risate ad ogni frase, rido con lei, almeno prendiamo le cose con il sorriso...”Non potete entrare nel treno con la vostra bici!”. Le spiego che non ho scelta, devo uscire dal Paese e non lo farò senza la mia bici! (sempre in maniera educata ovviamente, non vorrei far perdere la faccia a questa signora). Una mezz’oretta di discussione più tardi conclude: “Ok, va bene, che vada per questa volta, ma che sia l’ultima!”. Si, si, certo signora, non c’è rischio, domani sarò in Vietnam!
Tiphaine Le avventure di Sophie cominciano in una bella giornata d’autunno a Chengdu, il sole splende e i cinesi si rilassano nei parchi con dei movimenti lenti di ginnastica mattutina, per strada facendo girare le trottole con uno spago o riunendosi per giocare a Mah Jong mentre tengono tra le mani una bella tazza di tè fumante. Sophie entra piano piano nel mondo delle celebrità, rimane stupita nel vedere le persone fare capannello non appena scendiamo dalle bici. Ci siamo fermate per una foto con una statua a forma di panda e siamo già un’attrazione: tutti vogliono un “selfie” con le due teste bionde che ci ritroviamo. Il tempo di ambientarsi un po’ e via in direzione Leshan per ammirare il grande Buddha scolpito nella roccia, poi Emeishan per scalare la montagna sacra e meditare nei numerosi templi buddhisti che ritmano la nostra ascensione affinché gli Dei ci possano proteggere per tutto il percorso che difatti si rivelerà cosparso di insidie. Principessa Sophie mette un freno a questa vita da hippy. Dopo tre giorni di pioggia, una notte nella foresta tropicale del Monte Emei con le scimmie selvagge e il continuo assillo dei suoi numerosi fan che declamano “you are so beautiful”, decide di prendere una stanza d’hotel per una notte. Non le dico di no, visto che ha appena finito di sfiancarmi con 2000mt di dislivello di scalini in salita percorsi in una giornata e mezzo e che non credo proprio di essere in grado di muovere domani. L’uomo bipede e l’uomo ciclista sviluppano una muscolatura completamente diversa. Il Sichuan, con le sue risaie, la foschia permanente, il clima e la vegetazione quasi tropicale, l’aria carica di umidità che ci fa credere di aver già sudato troppo dopo appena qualche minuto di pedalate, ci mostra un nuovo volto. Mentre ci allontaniamo, risuonano nella mia mente la melodia delle scodelle e delle campane tibetane percosse a ogni offerta, l’immagine del monaco dagli abiti grigi che ci accompagnava lungo gli interminabili gradini che conducono a mano a mano al mondo celeste e le mie narici inebriate dal profumo degli incensi. Al villaggio di Ebian, ci fermiamo per gustare il tradizionale “hot pot” (piatto tipico cinese), la gente ci guarda, si accostano, dei bambini ci osservano a distanza ravvicinata, Sophie pensa che non abbiano mai visto delle bionde bianche dagli occhi blu. Con nostro stupore, non vogliono che paghiamo, perché? Pura gentilezza. Di fronte ad una galleria che indica “Aliens not allowed”, propongo di deviare verso una vallata che ha l’aria di essere tranquilla, ignoriamo però che stiamo per addentrarci in un nuovo mondo: il Paese degli Yi. (Ecco un documento esaustivo che avremmo forse dovuto leggere relativamente all’etnia Yi prima di mettere piede nella valle del fiume Guanmiao: qui) Velocemente avanziamo tra gole profonde, montagne scoscese, colture terrazzate. I visi non sono più cinesi, le donne indossano dei cappelli mantenuti da lunghe trecce di cavallo e portano orecchini di pietre verdi o dorate. La strada diventa un sentiero, nel guardare la mappa ci è sfuggito che c’è un colle a 3000mt da passare, siamo ben presto a corto di cibo e di acqua e l’autobus che ci supera non mostra un minimo segna di pietà per noi…terminiamo a piedi che anche l’aria comincia a mancarci. E infine conquistiamo la cima, contente, assaporiamo la vista che si offre a noi, guarda... eravamo laggiù!! Nella discesa, è la campionessa sportiva di raid a occupare la prima posizione, Sophie ha perfino il tempo di fumarsi una sigaretta mentre mi aspetta. Si è vero, ha degli ammortizzatori e nessun bagaglio sulla ruota anteriore, ma rimango di stucco! Inizialmente tutti si preoccupavano di sapere se la mia amica fosse stata in grado di seguirmi, ma dimenticavano che sarebbe stata una sportiva di raid e campionessa della corsa SaintéLyon a raggiungermi. Io mi preoccupavo piuttosto di sapere se avessi avuto abbastanza bagagli da refilarle per rallentarla! Mentre la notte si avvicina e abbiamo visto sin troppa gente ubriaca nei villaggi attraversati, ci viene in mente che forse non sarebbe saggio campeggiare in questa valle, due ragazze sole…ecco che arriva un pick-up lussuoso. Cambio di situazione, non abbiamo neanche fatto in tempo ad alzare il pollice ed eccoci caricate da 3 cinesi curiosi di vederci qui. A bordo è come un volo in business, sedili in pelle, clima, televisione, il servizio è incluso: bevande fresche, biscotti, carne essiccata e speziata, sigarette a volontà, se lo si desidera. Chissà, forse siamo in compagnia della mafia cinese, i vetri sono oscurati, sono ben vestiti e dall’aria seria…Ci impiegheremo ben 2h per percorrere 40km! La nostra intuizione era buona, i 35km prima di Meigu sono di lavori in corso, fango ovunque, circolazione alternata. Arrivati a Meigu è l’inferno, in città è una caos unico, c’è folla ovunque e qualsiasi struttura per alloggiare ci rifiuta…perché? Una ragazza ci guida fino a Wendy, è canadese e insieme ai colleghi giapponesi e americani, sono volontari per una ONG del posto che aiuta gli Yi dal punto di vista igienico e sanitario. Ci spiega che presto c’è il capodanno Yi, ecco spiegato il gran fermento e i rifiuti degli hotel agli stranieri, mantengono le camere per i membri della loro etnia. Dove andremo a dormire stasera? C’è gente ubriaca ovunque che sarà difficile evitare…i volontari che abitano qui da anni, parlano Yi (molti degli Yi non parlano cinese!) e li conoscono bene, ci daranno una bella mano. Si, visto che le difficoltà non sono finite, l’indomani passiamo 12h in un autobus, dal comfort pari a zero, per percorrere i 200km che ci permetteranno di uscire dalla valle di Meigu. Quest’ultima è in ricostruzione, c’è un traffico infinito, non facciamo che mangiare della polvere…Ma com’è possibile che abbiano iniziato a fare dei lavori per tratti di 200km alla volta e non più piccoli? Le persone che vivono vicino a questa strada sono ricoperti di polvere, come fanno a respirare? Secondo me c’è un vero e proprio “inciarmo” da parte dello Stato cinese, un’espressa intenzione di voler isolare questa regione e rendere la vita difficile ai suoi abitanti. Sono più di due anni che la strada è in queste condizioni. Inoltre, la città di Meigu ha le fogne a cielo aperto, si sta espandendo troppo velocemente e le infrastrutture non reggono il passo. Senza dubbio Sophie mi ha raggiunto nella parte del viaggio meno facile. Tra l’altro, non mi è stato mai così difficile comunicare con i locali nell’ultimo anno e mezzo che sono in giro. Con gran sorpresa di molti cinesi, non solo non possiamo capire la loro lingua parlata, ma sono meravigliati nello scoprire che non possiamo nemmeno leggere i loro caratteri, per loro siamo dei veri analfabeti (tuttavia tanto che è complesso, molti sono quelli che scrivono con l’alfabeto fonetico e si avvalgono del cellulare per trasformarlo in caratteri cinesi) ; senza parlare del loro linguaggio gestuale, completamente diverso dal nostro, cominciando dai numeri che si mostrano in un modo diverso con le dita. Pochissimi quelli che parlano inglese al di fuori dei giovani studenti nelle grandi città. La densità di popolazione è tale che sono rari i momenti in cui possiamo stare da sole ; il campeggio libero è quasi impossibile, ogni metro quadro è sfruttato, coltivato, abitato…La Cina non lascia molta libertà ai cicloviaggiatori. gli aneddoti dietro le fotoLa sinfonia del del Mah JongPasseggiando nel parco di Baihuatan a Chengdu, ci ritroviamo in mezzo a decine di cinesi che giocano a Mah Jong. Giocai molto a questo gioco con la mia famiglia, reminiscenze d’infanzia. Provo a ricordarmi le regole e spiegarle a Sophie, quando due signore si siedono accanto a noi e si mettono in testa di spiegarci le regole con pazienza. Giocare a Mah Jong è una vera e propria arte, la sinfonia comincia con il rimbombo dei pezzi che si mischiano sulla tavola e continua con il loro ticchettio quando si costruiscono le quattro mura. La musica è ritmata da “pooong” e “quooong!” sincronizzati da un rumore netto dato dal battere forte dei pezzi sulla tavola non appena la combinazione è realizzata. Le nostre risa accompagno tutta la partita così come i rumori dei bevitori di tè che ci circondano. La nota finale è sempre quella del grido “Mah Jong”! non contrariare gli yi ubriachiLa discesa nella vallata di Meigu terminerà con una bucatura per Sophie, proprio nel momento in cui entriamo nel primo paesino. Tutt’a un tratto gli abitanti, curiosi, si riuniscono attorno a lei e un uomo ubriaco ci tiene assolutamente a darle una mano nella riparazione… Leggo il suo volto che incomincia ad andare in panico, è pronta a respingerlo affinché possa sbrigarsela da sola, ma l’avviso che è meglio non contrariare un uomo ubriaco ; non vorremmo metterci in situazioni strane, soprattutto qui, in questo posto isolato dove siamo abbandonate a noi stesse. L’unico rimedio: sorridere dandoci di tanto in tanto un’occhiata, tutto andrà bene. Meno male, ce la fa, mantiene il sangue freddo, osserva. La ruota è riparata, gli dà una mano a rigonfiare la camera d’aria, non si rende conto che la sta gonfiando a vuoto…Una foto prima di ripartire e viaaa! al villaggio degli operai cinesiUna sera, non trovando in nessun modo un posto isolato per campeggiare, chiediamo asilo presso un alloggio di operai di strada. Ci propongono di mettere la tenda all’interno della loro officina. Cade a fagiolo, avevamo previsto di pulire le bici. Sophie si arma degli strumenti, strofina e spazzola la guarnitura, il pacco pignoni, la catena, penso che abbia addirittura dovuto levare dei granelli di sabbia che viaggiavano con me dalla duna di Pilat, in Francia. Ci sono tutti per incoraggiarla, gli operai sono forse impressionati nel vedere una donna occuparsi della “meccanica”, ci portano dell’acqua calda e sapone mentre guardano Sophie all’opera. La riforniscono: clementine, bottiglie d’acqua, propongono un piatto caldo e le accendono sigarette dietro sigarette! Calmo i giochi, ha bisogno ancora dei suoi polmoni per pedalare, e domani c’è del dislivello da affrontare (era prima del colle a 3000mt)! Siamo rimaste sbalordite dalla loro gentilezza, le loro donne ci propongono perfino una doccia calda e si preoccupano di sapere se abbiamo abbastanza coperte. Campeggio libero di lusso!
Tiphaine Il 30 ottobre, ricevo una telefonata, corro in strada, Serik, l’agente che ha dei contatti al consolato cinese d’Almaty, mi consegna il passaporto al quale si è aggiunto un quarto visto: 30 giorni di permesso per la Cina! Circa 4.700 chilometri da percorrere per la traversata, ossia una media di 157km al giorno…davanti a me diverse opzioni: a) fare del camion stop con la bici, b) rinnovare il visto in cammino e pedalarsela tutta, c) prendere un autobus o treno… Comincia a fare seriamente freddo nei dintorni e poi ho l’appuntamento con Sophie, la mia amica francese, che mi raggiungerà a Chengdu l’8 novembre. Mi imbarco per 30 ore di pullman che mi eviteranno le steppe kazake e cinesi tra Almaty e Urumqi. L’autobus è dotato di letti a castello, ad ogni curva temo che si stacchino dalle pareti, scricchiolano ad ogni sobbalzo. È comodo anche se non posso allungare completamente le mie gambe, non è fatto per la taglia dei turisti europei! Tutti sono curiosi di sapere che ci fa una ragazza tutta sola qua. Una kazaka tredicenne è fiera di poter tradurre, parla molto bene inglese. Mi interrogo sul motivo della suo viaggio in Cina e mi spiega tutto senza badare troppo a ciò che può o non può dire, in ogni caso nessuno ci capisce. Suo padre lavora laggiù e non può uscire dalla Cina perché non ha un passaporto e quindi tocca a lei rendergli visita. In realtà gli uiguri (cinesi della regione di Urumqi) hanno più punti in comune con i kazaki che con i cinesi delle altre regioni e molti di loro hanno preso la cittadinanza kazaka (Il Kazakistan non riconosce la doppia nazionalità). La situazione è rimasta bloccata per molto tempo perché il governo cinese non permetteva loro di avere un passaporto e quindi uscire dal Paese era vietato! Per fortuna da qualche settimana pare che la situazione sia cambiata. Immaginate che per tutta la vostra vita non possiate uscire dalla Francia (o Italia)…purtroppo questa è la situazione di molte persone nel mondo; speriamo che un giorno ogni individuo sia libero di circolare ovunque egli voglia. Ecco la frontiera cinese tanto temuta da molti ciclisti. Saranno invece gli impiegati kazaki i più avidi, uno di loro mi isola dal gruppo dell’autobus e mi chiede 10 dollari senza alcun motivo…faccio finta di non capire e raggiungo gli altri senza voltarmi. Nihao, buongiorno Cina! L’alfabeto cirillico mi ha dato filo da torcere, ma se dopo cinque mesi di Asia Centrale arrivavo a indovinare qualche parola e a volte leggere perfino qualcosa, ora mi aspetta il massimo dell’incomprensione con la Cina e il suo cinese!!! Urumqi, eccomi piombata nel bel mezzo di una città cinese di 2,3 milioni di abitanti, senza gps e senza neppure un vocabolario cinese...mi sento completamente impotente, perduta, ma che ci faccio qui? Perché ho continuato a viaggiare da sola? Non fare la scema adesso…In questo momento, lo confesso, sogno di avere uno smartphone che mi dica dove andare. Devo mantenere la calma, mi intrufolo nel primo ristorante che vedo, il tempo di riprendermi e recuperare le forze prima di rituffarmi in questa giungla metropolitana. Ordino un piatto a caso tra i caratteri cinesi..poco importa! È dura!!! Ho la bocca in fiamme!! Prima missione, trovare una stazione, seconda missione (che si rivelerà un’ardua sfida) comprare una biglietto di treno con destinazione Chengdu per me e la bici. Non restano che dei “Standing Ticket” (ossia biglietti in piedi) per tutte le partenze della settimana. Uno “Standing Ticket” per 48 ore di treno cinese vuol dire:
Il biglietto in piedi è una "fetenzia"!
Tiphaine |
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